Contributi della musicoterapia integrativa nello sviluppo vocale dei bambini affetti da paralisi cerebrali infantili. Il bambino con paralisi cerebrali infantili (PCI)
Nel contesto presenterò alcune esperienze di musicoterapia integrativa con bambini affetti da paralisi cerebrali infantili comunemente qualificati bambini con “PCI”.
di Wolfgang Fasser
Il termine ‘PCI’ indica il bambino affetto da paralisi cerebrali cioè da quei disturbi che si manifestano con lievi o anche gravi problemi motori in forma della tetraparesi, della diplegia o dell’emiplegia ecc.. Disagi che contengono sempre ulteriori difficoltà come ad esempio: di percezione, di integrazione sensoriale e di problemi cognitivi. Quasi tutti questi bambini hanno difficoltà a parlare, a usare la voce.
Rifacendomi alla mia esperienza vorrei mostrare quale sia il sostegno e il contributo della musicoterapia integrativa nello sviluppo vocale di bambini affetti da PCI.
Negli ultimi quattro anni presso l’Atelier di improvvisazione musicale “Il Trillo”, un’istituzione privata e autonoma che collabora con enti locali come l’ASL, il SIM, il micronido, la scuola e l’associazione dei genitori di bambini disabili, ho effettuato circa 3.000 ore di sedute di musicoterapia integrativa, e in particolar modo, musicoterapie individuali nel setting diadico o allargato alla mamma, alla sorella o al fratellino.
Il bambino con PCI vive uno sviluppo difficile, disagiato. Lui non è un bambino che non sa muoversi bene, ma è un bambino che conquista il mondo in maniera completamente diversa rispetto al bambino “normodotato”. Se pensiamo ad un bambino di due anni, possiamo immaginare quante corse abbia già fatto, quante volte sia andato a gattoni, abbia provato a cadere, sia caduto e così via; quante azioni abbia compiuto verso un oggetto, verso uno spazio o altro ancora; quante volte abbia visto volare un oggetto e l’abbia seguito con i suoi occhi. Al contrario, ai bambini che non sanno muoversi in maniera fisiologicamente normale mancano tantissime esperienze come quelle e ciò significa che essi hanno un gran campo di deprivazione di pratiche motorie e sensoriali che, logicamente, influenzano il loro sviluppo globale.
I bambini con PCI hanno una crescita particolare, non hanno uno sviluppo fisiologico “normale” perché non hanno gli strumenti per farlo; può darsi che vivano una fase normale, poi un’altra fuori dallo schema fisiologico, e la fase “saltata” può viverla dopo o in un altro momento oppure mai.
La misura è il bambino stesso, per questo mi sento invitato a seguire la sua crescita. Il paragone con lo sviluppo fisiologico “normale” aiuta ad orientarsi, ma non serve nel caso particolare.
La Musicoterapia integrativa
Personalmente caratterizzo la musicoterapia integrativa come un modello centrato sulla persona, non su un bambino di un anno o sul bambino che dovrebbe essere in quello stato di sviluppo, ma su Samuele, Luca, Sara nel loro modo di essere, con i loro movimenti, le loro difficoltà, i loro modi di percepire, il loro modo di esprimersi ecc. Questo stile di lavoro è orientato alla struttura funzionale del loro sviluppo incluso il disturbo, così da poter influenzare la struttura funzionale: “la funzionalità”.
Questo approccio facilita una soluzione adeguata al bambino che ha bisogno di alternative per arrivare, nel nostro caso, a parlare. Essendo dei creativi, in questa nostra libertà musicoterapica possiamo cercare le vie insieme al bambino stesso. Lo stile di lavoro è fortemente esperienziale e la terapia e la seduta sono eventi.
Generalmente non ricorro agli esercizi funzionali di pura stimolazione meccanica nei quali non si considera come il bambino recepisca lo stimolo, come riesca a prenderlo, lavorarlo e riproporlo.
Le proposte di musicoterapia integrativa sono esperienzali e dialogiche: nel setting il bambino ha la possibilità di creare, con elevata probabilità di successo crea e vive un’esperienza significativa. Un setting di momenti ludici, belli, gioiosi, affascinanti, in cui sono accolte la curiosità, la voglia di giocare, curiosare, creare. In questo processo che definisco “gestaltico” – “Creare insieme arte” – i bambini sono accolti, assistiti e facilitati. Questa attività intermodale appare a volte semplice, ma significativa nel mondo vitale del bambino. La mia proposta vuole avere senso, invitare a vivere e a partecipare. E’ affascinante osservare come anche i bambini pluriminorati con o senza problemi di vista abbiano la capacità di essere curiosi, la voglia di giocare, dialogare e comunicare in un processo gestaltico basale.
Nella musicoterapia integrativa si usano tutte le risorse a disposizione, perciò è importante distinguerla rispetto alla musicoterapia incentrata esclusivamente sulla musica, sul canto, sull’ascolto ecc.. Preferisco utilizzare tutte le risorse: ad esempio, se la mamma è presente, se c’è la sorella, se hanno voglia di partecipare e se ha un senso farle partecipare, mi sento libero di coinvolgerle e così di introdurre anche la rappresentazione scenica, la narrazione elementare, il paesaggio sonoro ecc. perché corrispondono al mondo del bambino.
Il bambino vive la musica sempre in una maniera integrata. Per il bambino la musica non è una cosa scissa da altre attività; per esempio, all’inizio, nell’esplorazione degli strumenti, gioca con gli strumenti, non li suona formalmente. In tedesco per “giocare” e “suonare” si usa lo stesso verbo “spielen”. “Das Kind spielt”, ovvero il bambino gioca; “Das Kind spielt Flöte”, il bambino suona il flautino”.
Giocare e suonare sono delle attività intrecciate e così la parola, la rappresentazione scenica, il disegno e il movimento, la costruzione di oggetti con gli strumenti come ad esempio utilizzare i tamburi per fare un castello dove nascondersi.
L’approccio integrativo della visione del bambino lo traduco anche nel setting musicoterapico: facciamo sì attività di ascolto, suoni, improvvisazioni, ma allo stesso tempo creiamo anche piccole scene, così come musicoterapista posso diventare forse anche un cavallino e i tamburi dei castelli. Se questa scena nella regia del bambino ha un senso vuol dire che siamo partecipi insieme ad un processo gestaltico.
Come musicoterapista reagisco al mondo del bambino e ciò mi richiede la disponibilità ad una visione centrato sul bambino. Entrare in questo mondo del dialogo, è un evento bello anche per me perché si tratta di esperienze vivaci, tenere, integrative, complesse, che, in certi momenti, mi richiedono di lasciare la visione da adulto e adottare quella del bambino, anche se rimango, logicamente, l’adulto che è responsabile di gestire e di contenere la situazione.
CONSIDERAZIONI PER LA COLLABORAZIONE CON IL BAMBINO
Tornando al bambino con PCI ci sono tre elementi della neurofisiologia e della neuropatofisiologia che possono aiutare a capire come adeguare il rapporto, il mio stile di collaborare, di comunicare, di gestire la situazione con il bambino. Essi si riferiscono sia al sistema del movimento che del linguaggio e sono: 1) la inibizione disturbata, 2) la parallelità disturbata, 3) la disturbata attivazione del sistema nervoso.
1) l’inibizione disturbata: il sistema nervoso ha due meccanismi neurofisiologici: attivazione e controllo inibitorio. Più il cervello è attivo nel creare movimento, più alto diventa il tono e di conseguenza maggiori devono essere i controlli inibitori. Questi due meccanismi che sono coesistenti e garantiscono movimenti melodici sono spesso insufficienti ai bambini con PCI. Sul livello del linguaggio, ad esempio, se voglio dire la parola “mamma” può uscire dalla bocca “mia” perché nella mia mente penso all’espressione “la mia mamma”; due parole vicine ma intenzionalmente espresse una al posto dell’altra. Oppure voglio dire “mamma” e avendo difficoltà a iniziare a parlare dico “aaa” tralasciando “m”. Ciò è quasi uno stimolare, un provocare attività associative perché non c’è l’inibizione adeguata.
Nel lavoro musicoterapico con questi bambini dobbiamo dargli tanta sicurezza per farli sentire bene, per farli stare comodi. I bambini che hanno un tono posturale scarso fanno fatica a stare seduti, in modo attivo, su una seggiolina senza spalliera, già fanno uno sforzo enorme ad equilibrarsi che non riescono a giocare serenamente con il flautino. E proprio in queste situazioni si creano facilmente attività associative e disfunzionali perché non hanno libera l’attenzione e limitate sono quindi le possibilità. La posizione adeguata per farli stare bene, compiere esercizi di voce, è da sdraiati poiché non richiede alcun impegno per equilibrarsi. Bisogna ridurre i compiti su un livello che non richiede un grande sforzo così il controllo inibitorio, scarso o sufficiente, serve a raggiungere l’obiettivo.
2) la parallelità disturbata: normalmente un movimento, organizzare una parola, una frase, un suono, ci richiede variazioni simultanee e coordinate in successione. Per esempio, alzare il braccio e mettere la mano sulla testa sono tante azioni: stabilire il tronco, muovere la spalla, muovere la mano verso la testa, aprire la mano, sono tanti movimenti in successione e paralleli che devono essere organizzati. Attivare un muscolo per piegare il braccio, per esempio, richiede di lasciare andare quello che lo stende. Nella situazione della parallelità disturbata è difficile fare questi semplici movimenti. Se traduciamo questo problema sul linguaggio possiamo osservare che il bambino, spesso, non riesce ad ascoltare mentre parla. Se ha questo tipo di difficoltà mentre parla o esplora uno strumento, o maneggia qualcosa, non gli do delle consegne perché non riuscirebbe ad eseguirle. Tali funzioni devono essere quasi separate oppure svolte in successione: sto manipolando non riesco a ascoltare bene; finché parlo non riesco ad ascoltare o quando parlo non sento nemmeno la mia voce. I fenomeni della disturbata parallelità ci fanno capire su quale livello dobbiamo eventualmente ridurre la proposta e renderla molto semplice e realizzabile.
Il bambino con PCI difficilmente riesce a mantenere i ritmi poiché con una mano spastica è molto difficile avere una pulsazione regolare.
La mia sfida, come musicoterapista, è quella di uscire dallo schema della pulsazione ritmica regolare e cogliere anche una piccola cellula ritmica o qualcosa di molto aritmico per creare un dialogo gestaltico-sonoro-musicale che con il tempo diventerà più ritmico. La miglior parallelità può essere raggiunta attraverso la sintonizzazione armoniosa con il tempo del bambino; un fattore cruciale per i bambini con comportamento motorio-spastico.
3) la disturbata attivazione del sistema nervoso: ci sono tre fattori che determinano il livello di attività del neurone:
- gli aspetti metabolici;
- gli stimoli che provengono dall’esterno: sapere questo aiuta ad osservare ed a capire come il bambino riesce a cogliere lo stimolo, ad elaborarlo, se è iposensibile o ipersensibile;
- gli aspetti psichici e su questo la musicoterapia ha un grande accesso e raggio di azione. Se la terapia contiene molti momenti di gioia, soddisfazione, scoperte, aspetti che motivano da sé, essa diventa un evento particolare, una magia del momento. Se il setting di base ha questa impronta, tante risorse costruttive sono positivamente attivate e sono anche indispensabili per lo sviluppo di prestazioni motorie o vocali.
- Ferrari A., Cioni G. (1998), “Paralisi cerebrali infantili”, Pisa, Cerrio
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- Postacchini P.L. (1994), “Sintonizzare interno ed esterno”, in PUM 5 (47-50)
- Postacchini P.L., Ricciotti A., Borghesi M. (1997), ”Lineamenti di musicoterapia”, Roma, La Nuova Italia Scientifica
- Tilgner W.: Audio- CD, “The Sound of Nature” , Collana di registrazione autentica del Paesaggio sonoro naturale
- News Communication P.S.C. A.R.L., Via G. Ciampini 48, 50127 Firenze
- Assoc. “ilTrillo”, Audio- CD,, “Suoni nel bosco” Registrazione autentica degli animali del bosco,
- Assoc. “ilTrillo”, Via Becarino 32-A, 52014 Poppi (AR)