In qualità di musicoterapisti accompagniamo i bambini spesso per periodi abbastanza lunghi. Il nostro rapporto, elemento significativo del nostro salutare essere insieme, va oltre l’aspetto professionale. Incontriamo i bambini anche come persone e siamo testimoni della loro crescita. La nostra prospettiva è orientata alle esigenze del bambino; il clima relazionale e le regole educative di base costruiscono uno spazio nel quale crescita e cura possono esistere e accadere.
di Wolfgang Fasser, Musicoterapeuta, SFMT, AIM
Cosa significa per noi musicoterapisti questo concetto di base? Di quali capacità e disposizioni abbiamo bisogno per andare in questa direzione? Come si manifesta, tradotto nel quotidiano, questo setting mentale?
Nel contesto che segue descrivo, in modo coinciso, gli aspetti centrali di questa tematica. Si tratta di risultati attuali formulati attraverso la pluriennale esperienza di terapeuti attivi nel settore della terapia infantile.
Partendo da me stesso: il mio credo nelle relazioni
Oggi è una credenza comune tra i terapisti di vario genere che la terapia passi attraverso la relazione.
La relazione terapeutica, di natura asimmetrica e di aiuto, è uno spazio per crescere. I mezzi utilizzabili sono diversi: verbali, farmacologici, tecnici, artistici etc. addirittura fino alla Pet-Therapy che coinvolge un animale vivente (vedi capitolo 8).
Il fenomeno complesso, dinamico e interdipendente con il paziente si manifesta attraverso i molteplici linguaggi della comunicazione umana. Di conseguenza nel dibattito tra specialisti l’attenzione si volge anche alla formulazione dei vari aspetti relazionali offerti in terapia. L’elaborazione di un proprio credo per le relazioni diventa importante.
La sua formulazione è un percorso affascinante e contribuisce a una migliore consapevolezza della proposta personale e di uno stile relazionale che arricchisce l’identità soggettiva e che permette meglio di distinguere.
Nel domandarmi quale sia il mio credo nelle relazioni la risposta immediata porta alla luce una bozza del credo personale attuale.
Guardando indietro posso tentare di leggere il mio credo attraverso le relazioni vissute nel tempo. E per comprendere in cosa consista, su quali valori, principi etc. si fondi e che rapporto abbia con il mio ideale di oggi può illuminare lo studio della biografia relazionale, iniziando dal rapporto vissuto nell’infanzia con la madre, il padre, i fratelli, la maestra, i compagni di scuola, i primi amori etc.
Guardando avanti posso poi riconoscere il mio potenziale e gli aspetti da sviluppare attraverso i modelli relazionali ideali proposti per la terapia. Un percorso che mi porta ad una realtà più ampia, ad una maggiore apertura verso l’originalità e l’autenticità del paziente. Naturalmente è un percorso senza fine; lo sviluppo è permanente: ogni incontro permette di crescere.
Un ulteriore approfondimento e arricchimento si sviluppa poi nell’ambito della discussione dell’elaborato all’interno del gruppo della intervisione, da realizzare in un’atmosfera accogliente, non giudicante e protetta.
Al riguardo assai stimolante risulta la proposta di Gordon (1997) che articola il “Credo per le relazioni” in questi termini:
“Tu e io abbiamo un rapporto a cui tengo e che desidero conservare. Ma ognuno di noi è una persona a se stante, che ha i propri bisogni particolari e il diritto a soddisfarli.
Quando ti troverai in difficoltà, presterò ascolto con sincera accettazione per aiutarti a trovare le tue soluzioni, invece di farti dipendere dalle mie. Inoltre, rispetterò il tuo diritto ad avere le tue convinzioni e a perseguire i tuoi valori, per quanto possano essere diversi dai miei.
Tuttavia, se il tuo comportamento interferirà col soddisfacimento dei miei bisogni, ti dirò apertamente e onestamente in cosa mi condiziona, confidando che il rispetto per i miei bisogni e sentimenti ti spinga a cambiare quel comportamento, che per me è inaccettabile. Inoltre, se un mio comportamento sarà inaccettabile per te, spero che me lo dirai apertamente e onestamente, in modo che possa provare a cambiarlo.
Nel momento in cui dovessimo accorgerci che nessuno dei due può cambiare per venire incontro ai bisogni dell’altro, prenderemo atto che fra noi c’è un conflitto e ci impegneremo entrambi a risolverlo senza ricorrere al potere o all’autorità per vincere a spese dell’altro. Io rispetto i tuoi bisogni, ma voglio anche rispettare i miei. Perciò, sforziamoci sempre di cercare una soluzione accettabile per entrambi. I tuoi bisogni saranno soddisfatti e così i miei: nessuno perderà, entrambi vinceremo.
Comportandoci in questo modo, tu crescerai come persona soddisfacendo tuoi bisogni; lo stesso sarà per me. Quindi, la nostra potrà essere una relazione sana in cui entrambi ci sforzeremo di diventare ciò che possiamo essere.
Continueremo a rapportarci l’uno all’altra con reciproco rispetto, amore e pace.”
Una visione di vita adeguata alle esigenze dei bambini
Secondo un teorema ben radicato “i bambini sono bambini e non dei piccoli adulti”. Questa realtà è facilmente comprensibile; purtroppo la dimentichiamo oppure, sotto la spinta di molteplici fattori, spesso nel quotidiano non ci sentiamo in grado di rispettarla. Nella società odierna il bambino, i suoi bisogni e i suoi diritti, assumono un posto di rilievo positivo (la Convenzione Internazionale dei Diritti dell’Infanzia del 20.11.1989 è in questo senso esemplare). Sono emersi dei processi che ci invitano a indagare su una visione di vita ormai centrata esclusivamente sugli adulti e elaborare così visioni nuove e alternative. E’ così che oggi noi formuliamo risposte a domande come: che cos’è una visione di vita incentrata sul bambino? Di quali disposizioni e capacità abbiamo bisogno noi adulti per capovolgere questa visione adultocentrata in una bambinocentrata?
“La costruzione di una cultura dell’infanzia passa attraverso il cambiamento dell’adulto nella direzione della crescita di una sua capacità di attenzione e risposta ai bisogni dei minori e richiede una capacità di coinvolgimento a tutti i livelli:
- capacità di rispetto ed elaborazione dei propri sentimenti e della propria vita emotiva;
- rapporto con la propria storia e la propria infanzia;
- consapevolezza delle dinamiche relazionali;
- sviluppo congiunto di competenze emotive e relazionali con competenze tecnico-professionali.
- a livello istituzionale, attivando meccanismi burocratici che si frappongono ai bisogni di cura, educazione, protezione dei bambini con un contrasto tra l’immagine che i servizi danno di sé e le prassi seguite;
- a livello della comunità, utilizzando le gerarchie generazionali per definire il potere;
- a livello personale, rispetto ai precari equilibri raggiunti, utilizzando sistemi di controllo e svalutazione dei bambini.
- congruenza;
- accettazione incondizionata;
- comprensione empatica.
- ascolto e comprensione;
- rispetto e amore;
- senso di realtà e fantasia creativa.
- non influire in modo da recare danno alla scoperta/sviluppo;
- prendere coscienza del proprio comportamento e procedere di conseguenza.
- il bambino deve essere sveglio, soddisfatto e calmo, soprattutto quando introduciamo delle nuove attività;
- crea una routine riproducibile in ogni seduta musicoterapica (rituali);
- prepara tutto prima che il bambino arrivi;
- prova, suona e lavora in un luogo silenzioso: evita qualsiasi disturbo e invasione nella tua relazione con il bambino;
- vai con il tempo del bambino: le attività possono procedere in modo più lento o più veloce di quanto tu pensi;
- accogli il più possibile le iniziative del bambino, farai progressi maggiori;
- prova e termina un’attività prima che il bambino si annoi;
- gioca solo per la durata di tempo in cui tu e il bambino vi divertite e siete interessati. Se ti annoi, probabilmente anche il bambino si sta annoiando;
- importante: goditi il gioco pure tu, lasciati andare; le attività musicoterapiche sono anche divertenti e gioiose, liberano ed aiutano a sviluppare nuove competenze;
- rispetta e rendi possibili i momenti di pausa e di ripetizione: spesso, momenti in apparenza statici preparano invece a nuove fasi di sviluppo.
- comunicare con il bambino: chiacchierare, ridere e giocare;
- condividere i silenzi;
- osservare il proprio livello comunicativo personale, in particolare la scelta del linguaggio verbale e la presenza del silenzio;
- fare attenzione alle reazioni del bambino e reagire in modo adeguato;
- rispettare le sue decisioni;
- fare tutte le attività spesso e regolarmente, ma non troppo a lungo;
- rendere possibile una situazione calma e rilassante;
- essere consapevole di ogni rischio possibile e di presenze incidenti (pericoli attivi);
- rispettare che i bambini sono bambini e non dei piccoli adulti.