Il trattamento musicoterapico di bambini con handicap è spesso soltanto una forma di intervento tra altre. Il musicoterapista si inserisce nel gruppo di adulti che accompagnano il bambino nel suo cammino. Tuttavia, se questo è facilmente concretizzabile all’interno di una istituzione, molto più difficile è realizzare la collaborazione con le figure esterne, anzi essa rappresenta una sfida continua.
Di Wolfgang Fasser, Musicoterapeuta, SFMT, AIM
Tutto ciò è stato oggetto di intense e ripetute discussioni, specialmente nell’ambito della musicoterapia con bambini.
Nel seguente testo descrivo le mie idee, conoscenze ed esperienze riguardo a questo importante aspetto di sottofondo del setting.
L’équipe
In qualità di fisioterapista e musicoterapista libero professionista sono abituato, e per me è anche un’esigenza, ad avere contatti sia con il paziente che con il medico di riferimento. Nel caso di bambini a questi si aggiungono inoltre l’incontro e il colloquio con i genitori.
Il concetto di “équipe” utilizzato esula da questo modello e include, oltre ai medici specialisti, anche persone di fiducia dell’ambito non medico, ovvero tutti coloro che hanno a che fare in modo diretto e regolare con il bambino (ad esempio gli insegnanti, gli operatori sociali etc.). E’ per questo che oggi si parla di un concetto globale di stimolazione e sostegno centrato sulla persona, che coinvolge tutti gli esseri umani e tutte le altre risorse che ruotano intorno a quel bambino (vedi ad esempio, Claus e Hammer, 1999; Ferrari e Cioni, 1998).
Nella pratica tutto ciò si traduce come segue: Barbara, 8 anni, bambina con paralisi cerebrale e con disturbi di linguaggio e apprendimento, viene accompagnata e sostenuta dalle seguenti persone:
- Ambito familiare: Genitori, Parenti
- Ambito scolastico: Insegnanti. Insegnante di sostegno
- Ambito della pubblica sanità: Neuropsichiatra infantile,Logopedista, Fisioterapista, Ortopedista
- Ambito medico degli specialisti: Pediatra specialista (a 400 km di distanza dall’abitazione della bambina)
- Ambito della sanità privata (terapie speciali): Ippoterapista, Musicoterapista
- Ambito servizi sociali del territorio: Assistenti sociali
- avere conoscenza specifica dell’handicap del bambino;
- sapere cosa rappresenta e cosa non rappresenta questo handicap;
- essere pronti ad occuparsene in maniera approfondita;
- essere pronti a cooperare in modo costruttivo con gli altri membri dell’équipe;
- essere pronti a adoperarsi per il bambino portatore di handicap, anche quando richiede estrema pazienza, energia e tolleranza;
- comprendere sempre il punto di vista del bambino portatore di handicap, riprenderlo e porsi secondo la sua prospettiva.
- credere nel bambino portatore di handicap e nella possibilità di riuscita insieme.
- informarmi sulla natura dell’handicap;
- informarmi, tramite i genitori, sul bambino e sulla sua situazione complessiva;
- decidere se sia necessario l’appoggio di uno specialista;
- concordare un programma comune con i genitori;
- informarmi regolarmente sulla situazione del bambino a casa, all’asilo, a scuola e nel tempo libero;
- confrontarmi regolarmente con i medici o i terapisti che hanno in cura il bambino;
- discutere tale modo di procedere musicoterapico con il supervisore.
- I cosiddetti casi “straight-forward” in una situazione familiare stabile e tranquilla dove i genitori mostrano di sentirsi sufficientemente compresi, sostenuti e protetti, in un decorso terapico non complicato e di sicura riuscita.
- Casi identici in situazioni familiari instabili e inquiete e/o in conflitto con l’équipe a causa di un decorso terapico irregolare e turbamenti nell’atmosfera di lavoro; fattori che si ripercuotono negativamente sul bambino.
- Situazioni in cui il sostegno da parte dell’équipe o di un suo membro non sia sufficiente, o diventi un ostacolo, per un sentire ed un operare comune; i genitori di un bambino portatore di handicap perdono velocemente fiducia e cercano altre possibilità di sostegno. Peraltro, queste ultime possono rivelarsi positive ma anche negative. Nelle situazioni complesse e spesso anche complicate le disfunzioni da parte dell’équipe hanno un enorme effetto e possono significativamente irritare o paralizzare totalmente il decorso terapeutico. Un livello approfondito di cooperazione istituzionale può essere tollerato finché non ci sono problemi specifici, e questo nell’ottica di un miglior coordinamento.
- Situazioni in cui il bambino o la famiglia sono rimasti traumatizzati dalle istituzioni statali. Qui è necessario operare in maniera tale da poter far ritrovare fiducia nel personale della sanità. Generalmente come libero professionista distante dalle istituzioni pubbliche cerco di rassicurare i genitori e di ricostruire la rete di sostegno intorno al bambino.
- Buon livello di cooperazione tra tutti i membri dell’équipe, coinvolgimento dei genitori nelle sedute di verifica condotte dalla neuropsichiatra infantile della Azienda sanitaria locale e collaborazione flessibile dei sottogruppi.
- Contatti regolari con l’équipe caratterizzati da un buon livello di cooperazione tra i membri, senza diretto coinvolgimento dei genitori.
- Contatti regolari avviati su mia iniziativa con la neuropsichiatra infantile della Azienda sanitaria locale, senza il coinvolgimento dei genitori.
- Contatti minimi con la neuropsichiatra infantile della Azienda sanitaria locale, solo in caso di necessità e senza il coinvolgimento dei genitori.
- Contatti regolari con i genitori. Informazioni da parte dell’équipe tramite i loro resoconti e referti scritti.
- Contatti non regolari con i genitori, nessun contatto con i membri dell’équipe.
Il bambino ha il diritto di raggiungere
il massimo livello di salute fisica e mentale
e di essere curato bene quando ne ha bisogno
Articolo 24 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia
Tratto da “Crescere Insieme”, Vesalius, 2007